Biografia della Beata Maria Elisabetta Hesselblad
Mi
sembra opportuno soffermarsi sulla figura straordinaria della Beata Maria
Elisabetta Hesselblad, che tanto impegno profuse per l’unità dei cristiani,
considerando scandalose le loro divisioni. La pia donna nacque il 4 giugno 1870
a Faglavick (Svezia) nella provincia del Vastergotland, quintogenita di ben
tredici figli (nove maschi e quattro femmine). Il padre si chiamava Augusto
Roberto e la madre Karin, ambedue luterani e molto praticanti. Sin da piccolina
la Beata amò leggere la Bibbia. Nella chiesa luterana fu battezzata il 12
luglio 1870, successivamente ricevette la prima comunione e la confermazione
nel 1885 oltre ad una istruzione religiosa approfondita. Alla età di sette anni
fu duramente colpita dalla scarlattina e dalla difterite, mentre a dodici anni
una malattia le provocò ulcere allo stomaco ed emorragie, che l’accompagneranno
per tutta la sua vita terrena. Fin dalla giovinezza il suo maggiore desiderio
fu trovare l’Unico Ovile. Maria Elisabetta racconta questo suo anelito nelle
«Memorie autobiografiche»:
"Da bambina, andando a scuola e vedendo che i miei compagni
appartenevano a molte chiese diverse, cominciai a domandarmi quale fosse il
vero Ovile, perché avevo letto nel Nuovo Testamento che ci sarebbe stato «un
solo Ovile ed un solo Pastore». Pregai spesso per essere condotta a quell’Ovile
e ricordo di averlo fatto specialmente in un’occasione quando, camminando sotto
i grandi pini del mio paese natio, guardai in special modo verso il cielo e
dissi: «Caro Padre, che sei nei cieli, indicami dov’è l’unico Ovile nel quale
Tu ci vuoi tutti riuniti». Mi sembrò che una pace meravigliosa entrasse nella
mia anima e che una voce mi rispondesse: "O, figlia mia, un giorno te lo
indicherò. Questa sicurezza mi accompagnò in tutti gli anni che precedettero la
mia entrata nella Chiesa".
Nel
1888, diciottenne, emigrò negli Stati Uniti alla ricerca di un posto di lavoro
per aiutare economicamente la sua famiglia. L’anno seguente, a causa dei suoi
disturbi, fu ricoverata in ospedale e si trovò in una situazione disperata.
Stabilì, qualora fosse guarita, di diventare infermiera, conseguendo il diploma
presso il Roosevelt Hospital e poco dopo venendo presa dallo stesso ospedale.
Conobbe il padre e dotto gesuita Giovanni Giorgio Hagen, che le fece conoscere
in maniera approfondita la dottrina cattolica. Meditò a lungo sul da farsi ed
infine decise di farsi battezzare e ricevere la prima comunione nella Chiesa
cattolica il 15 agosto (il giorno dell’Assunzione della Beata Vergine Maria)
1902 negli USA. Nel 1903 ebbe il grande desiderio di soggiornare a Roma e qui
per puro caso ebbe la gioia di scoprire la casa dove abitò Santa Brigida
(fondatrice del nuovo Ordine monastico del Santissimo Salvatore, ampiamente
sviluppatosi nel Nord Europa) nel XIV secolo. Gli svedesi studiavano Santa
Brigida come letterata, avendo composto la stessa diverse opere. Infatti la
riforma di Lutero non riconobbe più nella santa svedese quell’alone di santità,
ancora oggi confermato dalla Chiesa cattolica. Il 25 marzo del 1904 Maria
Elisabetta ritornò a Roma, avendo il proposito di rifondare il vetusto Ordine
brigidino, ma fu preda di forti febbri (ricevette perfino l’unzione degli
infermi). Sapeva bene (con grande dispiacere) che la casa di Santa Brigida era
occupata da una comunità di carmelitane, alle quali non interessava tener desta
la memoria della Santa svedese e ciò era dimostrato dal fatto che le stanze in
cui aveva abitato Santa Brigida non erano visitabili, perché chiuse. Nello
stesso anno il suo fratello amatissimo, Thure, decise di diventare cattolico.
Il 22 giugno 1906 la Beata, nella cappella della casa di Santa Brigida, vestì
l’abito grigio delle Brigidine di Syon Abbey ed emise i voti alla presenza del
padre gesuita Giovanni Giorgio Hagen. Il 10 luglio pronunciò in forma privata i
voti come figlia di Santa Brigida.
Suor
Elisabetta visitò le rimanenti comunità brigidine ancora sussistenti in Europa
(Vadstena, Weert, Uden, Altomunster, Syon), volendo informarle sul suo
desiderio di rifondare l’Ordine. Rimase fortemente colpita solo dal monastero
di Syon, sia per il fatto che le suore indossassero ancora il saio cinerino (il
saio della penitenza medievale), sia perché conservassero le preghiere corali dell’antica
liturgia brigidina. Sotto la guida dello Spirito Santo e con l’aiuto del
Pontefice Pio X, l’otto settembre del 1911 riportò in vita l’Ordine di Santa
Brigida, volendo restare fedele alla tradizione brigidina per l’indole
contemplativa e la celebrazione solenne della liturgia. Tutto il suo
apostolato si rifece al motto «Ut omnes unum sint» e per questo motivo volle
donare la propria vita a Dio per far sì che la Svezia fosse una sola cosa con
Roma. In un periodo di grandi difficoltà, derivanti dalla rifondazione
dell’Ordine brigidino, scriveva il 4 agosto 1912: «L’uragano del nemico è
grande ma la mia speranza rimane tanto più ferma che un giorno tutto andrà
bene. Per la Croce alla luce! Quello che si semina nelle lacrime si raccoglie
nella gioia. E il nostro caro Signore ha detto: "Dove due o tre sono
riuniti nel Mio nome, io sono in mezzo a loro". Questo diciamo a Lui
affinché Egli supplisca a quello che manca in noi e attorno a noi per il
compimento della vocazione alla quale ci ha, così indegne come siamo, chiamate».
Il 4 marzo del 1920 la Beata fu nominata badessa dell’Ordine del Santissimo
Salvatore ed affermò che tre erano i compiti del’Ordine: contemplazione,
adorazione e riparazione. Nel mese di luglio del 1923 Madre Elisabetta andò
in Svezia per il 550° anniversario della dipartita di Santa Brigida a Vadstena
(dove essa aveva eretto nel 1343 il suo primo monastero). Alla cerimonia
presero parte numerosi luterani. Nello stesso anno in ottobre riuscì a far
nascere una casa brigidina a Djursholm (cittadina posta a circa 10 Km a nord
est di Stoccolma. Il borgo era ed è ritenuto come uno dei più esclusivi e
facoltosi della Svezia, realizzato come una città giardino con enormi ville
lungo le strade alberate ed i raffinati quartieri hanno da lungo tempo attirato
illustri accademici, elementi di spicco della cultura svedese ed uomini
d'affari), la prima in seguito alla riforma. Nei primi anni di vita della
casa a Djursholm giunsero alle suore brigidine numerosissime minacce di morte
anonime da parte dei luterani.
Il
10 aprile del 1931 il Vaticano diede all’Ordine fondato da suor Maria
Elisabetta, a tempo indeterminato, la Chiesa di Santa Brigida insieme al
convento oramai abbandonato dalle carmelitane. Da questo momento la chiesa fu
sempre più visitata da svedesi cattolici e luterani. Nel 1943, quando Roma era
in mano ai nazisti, Maria Elisabetta (mettendo a rischio la propria vita)
ospitò senza alcun distinguo ebrei, poveri, rifugiati, comunisti italiani,
tedeschi e polacchi. In una lettera inviata a sua sorella Eva scrisse: «...Quaggiù
viviamo in condizioni assai difficili, ma la Provvidenza di Dio ci assiste in
molti modi meravigliosi. Abbiamo ancora la casa piena di profughi, in
quest´anno di afflizione». Ebbe una fruttuosa amicizia con l’allora rabbino
di Roma (Israele Eugenio Zolli), che divenne cattolico nel 1946. Donò le sue
preghiere ed i frequenti disturbi fisici a favore dell’unità dei cristiani.
Nel 1946 venne fondata a Roma l’associazione per l’unità dei cristiani
«Unitas», a cui fece seguito la rivista omonima diretta dal teologo gesuita
padre Carlo Boyer. La Beata offrì pieno appoggio alla lodevole iniziativa ed
ottenne che la casa di piazza Farnese fosse la sede dell’associazione. Nel
gennaio del 1955 il re Gustavo VI di Svezia volle attribuirle l’onorificenza di
Commendatore dell’Ordine della Stella del Nord, a motivo delle numerose opere
da lei concepite e portate a termine. Il 24 aprile del 1957, alla veneranda età
di 87 anni, morì nella casa generalizia di piazza Farnese, dopo aver sopportato
tante sofferenze dovute ad un malfunzionamento del suo cuore. Fu seppellita al
cimitero del Verano. La gente povera e semplice da subito la considerò santa
oltre che madre dei poveri e maestra dello spirito.
BIBLIOGRAFIA
M.S. BIZIOLI, Un’anima eletta. Madre Maria Elisabetta Hesselblad,
Roma 1960;
C. DOBNER, L’unico ovile. Maria Elisabetta Hesselblad icona di martirio
ecumenico, Cinisello Balsamo 2004;
E. HESSELBLAD, Maria Hesselblad, Lugano
1977;
M.G. MASCIARELLI, Beata Maria Elisabetta Hesselblad, Torino 2000.