Appunti su Napoleone e l’Italia
Napoleone Bonaparte fu senza dubbio un uomo importante
per la formazione della nazione italiana, non certamente dal punto di vista
istituzionale o unitario che non furono tra i suoi scopi, ma quanto per lo
spirito idealistico, militare e spirituale che egli e più in generale i
francesi lasciarono come eredità alle popolazioni della penisola dopo la
sconfitta subita del loro potente esercito e il ritorno al passato, seppur per solo
qualche decade.
In realtà il periodo napoleonico in Italia fu davvero
breve, meno di vent’anni, ma denso di avvenimenti militari e fecondo dal punto
di vista culturale, si potrebbe perfino dire rivoluzionario visto il latente
oblio che perdurava nella penisola da secoli grazie ai disastrosi effetti della
dominazione spagnola, di quella papale e di quella borbonica, mitigati solo in
piccola parte dalla successiva “dominazione” globale austriaca (soprattutto
militare) non eccessivamente permissiva ma certamente più aperta e
lungimirante.
Indubbiamente Napoleone lasciò che le popolazioni nei
territori conquistati dell’Italia settentrionale dopo la sua vittoriosa
campagna militare del 1796 s’inebriassero dello spirito e degli ideali
rivoluzionari francesi e non fu cosa molto difficile invero perché si aspettava
solamente un condottiero capace per passare dalla teoria alla pratica e il
condottiero non poteva che essere il generale corso che in certo senso protesse
i cambiamenti sociali e culturali nelle terre conquistate.
Napoleone riuscì a risvegliare perfino il vecchio spirito
militare italico che pareva sopito da secoli riuscendo a far formare una
Legione Italiana grazie alle popolazioni del Regno d’Italia ed inserita
sostanzialmente nell’esercito francese (con la conseguente coscrizione
obbligatoria).
Essa ebbe modo di combattere in maniera valorosa su tutti
i campi d’Europa come non accadeva da tempo insieme alle truppe italiche del
Regno di Napoli guidate dal Murat.
Napoleone diventava così, peraltro senza averne
l’intenzione morale, il simbolo della rottura sul territorio italiano con la
tradizione del passato legato a obsoleti equilibri politici rappresentati da
larve di stati già in avanzata decadenza e tenuti in piedi solo grazie alle
onnipresenti e opprimenti baionette austriache.
In buona sostanza in tutti i territori liberati della
pianura Padana si rivitalizzarono i pensieri politici e le istituzioni locali
presero forma in vera e propria capacità auto-governativa molto stimolante dal
punto di vista idealistico ma certamente poco praticabile anche da un
Direttorio francese incline certamente a concessioni più liberali rispetto
all’Austria o agli altri vetusti stati italici.
In pratica si chiedeva un ritorno alla vecchia autonomia
comunale con le garanzie istituzionali e impositive ma in visione unitaria,
questo deve avere fatto sorridere un po’ i francesi che per quanto impegnati in
lotte sociali intense non avrebbero mai concesso tali prerogative: libertà e
democrazia andavano bene, ma fino ad un certo punto!
Già in piena estate del ’96 comunque partiva da Milano
una delegazione diretta a Parigi per illustrare un’ipotesi d’idea unitaria
italiana che si badi bene, non era simile a quella attuale ma si trattava di
quella più ristretta comprendenti gli attuali territori lombardi, territori
emiliano-romagnoli e nord toscani.
A questo
proposito potrebbe essere interessante citare l’Encyclopaedia Britannica del
1761 redatta da illuministi nord-americani che non avevano nessun interesse
politico o militare nella questione concernente il nostro territorio, i quali così
descrivono la voce Italy (Vol. II) “Italy, a
country situated between seven and nineteen degrees exit long, and between
thirty eight and forty-seven degrees north latitude, bounded by Switzerland,
and the Alps, which separate it from Germany, on the north; by the gulph of
Venice, on the east; by the Mediterranean Sea, on the south; and by the same
sea and the Alps, which separate it from France, on the west; and if we include
Savoy, with lies indeed on the west side of the Alps, between Italy and France, we must extend it a degree
farther west: this is usually describe. However, with Italy, as it is
contiguous to Piedmont, and has the same sovereign, being a province of the
king of Sardinia’s dominions.”
La realtà politica vera e propria di Napoleone Bonaparte
ma in generale del Direttorio era quella di escludere l’Austria dal territorio
italiano per dominare la penisola o buona parte di essa non certamente quella
di creare un regno o repubblica che potesse anche in un futuro più lontano essere
un potenziale nemico.
Napoleone però, da sagace generale e politico misurato,
concesse così libertà che riguardavano sostanzialmente le città o la
coscrizione militare sempre attraverso un rappresentante francese di sua
provata fede e questo lo si vedrà meglio una volta che egli avrà assunto il
titolo di Imperatore.
La sua lotta per la libertà italiana era finalizzata
principalmente allo scopo di mantenere sempre vivo nelle popolazioni padane la
furia anti-austriaca che peraltro non fece mai nulla per diventare simpatica
alle popolazioni locali pur sapendo che il controllo della grande pianura
significava anche il controllo di tutta la penisola, probabilmente pensando più
al primato sull’Adriatico che alle questioni di un’importante città europea
come Milano.
Al contrario degli austriaci, a Napoleone doveva piacere
molto Milano visto che l’abbellì dal punto di vista architettonico e
urbanistico come se fosse la capitale francese: l’Arena, l’Arco della Pace con
Corso Sempione a riecheggiare l’Arco di Trionfo con i Campi Elisi parigini ma
ancor più innalzandola più tardi al ruolo di capitale del Regno Italico come
non accadeva dai tempi di Diocleziano e Costantino e qui si fece incoronare Re
d’Italia.
Così già nel 1796 Napoleone consentiva ai milanesi di
formare il Primo Corpo d’Armata Italiano seppur ancora in forma volontaria (saranno
circa 7000 e non per coscrizione) che avrebbe avuto il suo battesimo del fuoco
di lì a poco mentre l’anno successivo Bologna, Ferrara, Reggio e Modena fusero
le loro repubbliche in quella più importante Cispadana portando in dote il
tricolore come vessillo, successivamente dalla fusione tra Cispadana e
Amministrazione generale della Lombardia nascerà la Repubblica Cisalpina
(riportando in dote anche la Valtellina dopo secoli) che sarà il perno della
Repubblica Italiana dapprima (1802) e del Regno d’Italia nel 1805 poi.
Mentre in Toscana, a Roma e a Napoli la spinta popolare e
repubblicana in appoggio alla Francia “liberatrice d’idee” si faceva sempre più
forte e in buona sostanza dava inizio alle più pratiche aspirazioni unitarie
italiane, Napoleone cedeva Venezia e la parte orientale della penisola con
tutti i suoi territori all’Austria attraverso il Trattato di Campoformio in
cambio del confine naturale renano che garantiva finalmente la Francia nella
difesa dei territori più complessi e pericolosi.
Così, Napoleone che per tutta la campagna italiana aveva
sempre avuto come obiettivo l’allontanamento degli austriaci dalla penisola si
ritrova a dover fare i conti con loro, felici tra l’altro di avere avuto
finalmente il dominio dell’alto Adriatico e di Venezia da sempre nei loro
sogni.
In realtà gli austriaci già imponevano in questi
territori la loro legge da tempo perché la Repubblica Veneziana era in coma
profondo dal Trattato di Utrecht del 1713, ma essi fedeli al loro modo di
ragionare preferivano certificare il loro dominio aspettando la sua morte
naturale alla conquista militare e presero al balzo l’opportunità presentata da
Napoleone per ancorarsi alla penisola in attesa di tempi migliori visto le
ripetute sconfitte militari.
Questo probabilmente influì molto sulla politica italiana
successiva perché l’Austria, durante l’avventura egiziana di Napoleone, da
quella posizione territoriale ebbe modo facilmente di disporre militarmente
delle province padane e di ristabilire il suo dominio e la sua onnipresenza,
almeno temporaneamente.
Qui inizia la seconda fase napoleonica in Italia che però
rispetto alla prima sarà meno idealistica e più pragmatica muovendosi nella
direzione di un equilibrio di potere politico con l’Austria dopo averla
sconfitta.
Napoleone, ora Imperatore dei francesi e in pace “etico-spirituale”
con il Papato, comprendeva che l’instabilità istituzionale emiliano-lombarda
non giovava alla sua conquista così risolutamente diventò il paladino
dell’unità “italiana” appagando le aspirazioni dei popoli di questi territori.
Egli fece così disporre dapprima la creazione della
Repubblica Italiana e poi del Regno d’Italia che in sua assenza affidò al
figliastro Eugenio di Beauharnais e quindi, di fatto, con la creazione di uno stato
cuscinetto “fedele” tra i due imperi nella parte settentrionale della penisola
italiana, vero obiettivo della sua politica diplomatica e militare nella
penisola.
Così in territorio francese, a Lione, tra la fine del
1801 e l’inizio del 1802 si tenne la Consulta poi divenuta Costituente della
nascente Repubblica Italiana con la presenza di 484 rappresentanti
l’Emilia-Romagna (senza Parma e Piacenza), la Lombardia, il Novarese, Verona e
il Polesine sotto la direzione di Francesco Melzi d’Eril (poi vice-presidente),
anche se il primo presidente ufficiale designato fu ovviamente Napoleone
Bonaparte.
Per essere una Repubblica costruita su un territorio
limitato, quella Italiana poteva orgogliosamente vantarsi di essersi dotata fin
dall’inizio di un esercito pari ad almeno 22000 uomini, senza soldati
mercenari: certo, non era eccezionale e poteva essere solamente considerata
un’armata utile per manovre veloci e imitate su un campo di battaglia ma
certamente aveva dalla sua la forte coesione tra i combattenti e la prospettiva
di ampliarsi successivamente.
La Repubblica Italiana era quindi piccola ma tenace nei
suoi intendimenti, con ordinamenti che erano realmente progressisti ed
efficaci, ma ovviamente dal punto di vista politico poteva contare ben poco e
quando fu soppressa per far posto al ben più imponente Regno d’Italia nessuno
se ne curò molto, nemmeno i patrioti che pure avevano fatto tanto per
costituirla.
Napoleone ebbe buon gioco sull’opinione pubblica italiana
facendo leva sui grandi ampliamenti territoriali che portarono la popolazione
del nuovo Regno a oltre sette milioni d’abitanti contro i tre precedenti
aggiungendo tra l’altro il Trentino, l’Alto Adige, parte del Veneto, la
Dalmazia e le Marche, insomma lo stato era certamente diventato più solido
anche se altrettanto ovviamente perdeva quasi tutta l’indipendenza ottenuta in
precedenza.
Da tutto questo rimase sorprendentemente fuori la Toscana
o Regno d’Etruria pur se Napoleone l’avrebbe voluta anch’essa senza indugi, ma
la popolazione di questo territorio era risoluta a non accettare Milano come
capitale (oramai decisa) e di fatto divenne una diretta dipendenza provinciale dell’Impero.
L’attività culturale del nuovo regno fu davvero notevole,
le Università di Bologna, Padova e Pavia ebbero risonanza europea e centri di
studio scientifico prosperarono ovunque, da questo punto di vista i francesi
erano avanti anni luce rispetto agli austriaci, i quali temevano sempre la
troppa istruzione della gente sui loro possedimenti.
Del resto, Napoleone pensava che le migliori teste
scientifiche servivano eccome alla politica e alla crescita della Francia, la
coercizione dei dotti per lo sviluppo sociale ed economico in questo caso per
lui era un fatto del tutto naturale e positivo anche se da voci critiche:
Milano in questo senso fungeva un po’ da punto d’incontro e centro di
smistamento grazie soprattutto alla sua classe borghese creatasi che non aveva
eguali nella penisola.
Liguria, Parma, Piacenza, Piemonte, Roma e Toscana erano
organizzate come vere e propri dipartimenti francesi e pur mantenendo alcune
prerogative (soprattutto amministrative) sostanzialmente divennero dei
territori da sfruttare secondo le esigenze (economiche o militari) in alcuni
casi sotto la direzione di governatori.
Soprattutto per Liguria e Piemonte vivere come vere e
propria province francesi fu d’aiuto enormemente per la crescita culturale e
istituzionale del tessuto sociale in maniera indelebile e l’importanza di
questo fatto lo vedremo soprattutto nei decenni successivi quando lo stato
sabaudo restaurato si farà promotore dell’unità italiana riprendendo il vecchio
schema napoleonico grazie ad una classe politica cresciuta e preparata secondo
la tradizione d’oltralpe.
Non rimaneva che il Regno di Napoli e qui Napoleone si
trovò di fronte ad un completo disagio perché a dispetto di un’ottima
preparazione socio-culturale dei ceti superiori (molti dei quali rivoluzionari
nel ‘99) faceva da contrappunto la disastrosa realtà dell’imponente massa popolare
che versava in condizioni umane improponibili e di fatto rendeva quasi
impossibile ogni tentativo di riforma.
Nonostante tutto i francesi ci provarono lo stesso, prima
con il fratello Giuseppe poi con Giacchino Murat, il generale e cognato, anche
se con scarsa fortuna rinunciando poi in maniera completa ad ogni ulteriore
tentativo.
Uno degli atti giuridici più importante nel Regno di Napoli
fu l’abolizione del feudalesimo, il brutale retaggio medievale, di questo atto
che ebbe poco effetto tra le masse contadine schierate, come sempre per
ignoranza e non per proprie colpe specifiche, con il potere
aristocratico/religioso (spesso rappresentato da soldataglia brigantesca) e
contro il progresso o comunque contro il miglioramento della vita in generale:
solo la Puglia, grazie alle sue immense pianure coltivabili ne ebbe giovamento
dovuta ad una buona esecuzione delle leggi napoleoniche, ordinando un demanio
diverso da quello spagnolo e borbonico e mutando così sensibilmente la qualità
della vita degli abitanti, ma rimaneva un caso praticamente isolato.
In generale, anche nel Regno di Napoli i primi timidi
segni di miglioramento sociale si videro purtroppo solo quando l’avventura di
Napoleone in Italia stava volgendo al termine e non vi fu alcuna possibilità di
mantenerli in vita con la successiva restaurazione borbonica.
Napoleone e la sua famiglia “allargata” (fratello,
figliastro e cognato) dominarono sostanzialmente il territorio italiano per una
ventina d’anni, in maniera diversa rispetto a chi l’aveva fatto in precedenza,
rendendo quasi protagonista la popolazione abituata da troppo tempo all’abulia
tant’è che anche gli austriaci, una volta battuto l’Imperatore e tornati al
potere in molti territori italiani dovettero fare i conti con un’opinione
pubblica diversa e più preparata e cambiarono certamente il loro modo di far
politica locale, pur mantenendo un ordine poliziesco abbastanza pesante.
Napoleone fu, senza volerlo, il grimaldello per aiutare
gli italiani a trovare la propria identità sociale prima che quella politica e
a riscoprire quelle dei secoli d’oro che li avevano resi protagonisti in tutta
l’Europa ed anche oltre.
Soprattutto dal punto di vista amministrativo e delle
istituzioni l’ordinamento francese diede i suoi migliori frutti: la vecchia
burocrazia fatta dai parrucconi diventò celere e questo diede anche un nuovo
impulso economico perché dalla velocizzazione dell’iter per le pratiche si
poterono liberare energie per lo sviluppo economico e per grandi lavori
pubblici mai così intensi come sotto il dominio napoleonico: una troppo breve
parentesi di benessere per i popoli italici.