Miti da sfatare di Enrico Galavotti
(articolo pubblicato sul sito dell’autore http://www.homolaicus.com)
I critici, nei manuali di
storia dell'arte in uso nelle scuole, trattano poco degli aspetti riguardanti
la funzione ideologica dell'arte, o dei rapporti fra arte, storia, società,
economia... L'interpretazione prevalente è quella estetica,
tecnica, stilistica, formale...
Esattamente come nei
manuali di letteratura i nessi prevalenti sono semplicemente quelli di lingua e
stile.
Gli autori di questi
manuali, siano essi classici come l'Argan o moderni
come il De Vecchi-Cerchiari, per quanto riguarda
Giotto, non riescono a cogliere il lato conservatore della sua pittura, sia
perché hanno forti pregiudizi nei confronti della pittura bizantina, sia perché
-e questo è peggio- sono strettamente legatii alle concezioni borghesi del
vivere quotidiano.
Ad es. le ieratiche icone
vengono generalmente definite prive di pathos, perché
troppo rigide, piatte o bidimensionali, senza prospettiva, senza spazio, troppo
convenzionali, troppo simboliche per essere vere, totalmente prive di movimento
peso volume...
Si è persino arrivati a
criticare gli iconografi bizantini per la loro mancanza di conoscenze
anatomiche!
E questo nonostante che
la riscoperta della pittura bizantina sia avvenuta in Russia sin dall'inizio del XX sec. (si pensi solo all'importanza di Rubljov) e in Italia già verso la metà degli anni '70 del
Novecento.
Il fatto è che ci sono
alcuni miti da sfatare che permangono inalterati da secoli e che rarissimamente
si mettono in discussione.
Il primo in assoluto è
quello secondo cui con Giotto sarebbe nata la cosiddetta pittura
"realistica"; in realtà è nata la pittura "astratta".
Poiché è stata la pittura
giottesca (ivi inclusi i critici ad essa contemporanea) a considerare "astratta"
quella bizantina, oggi i critici ribadiscono il medesimo principio, senza
rendersi conto che se la pittura bizantina poteva apparire "astratta"
a una cultura che non rifletteva più i valori che supportavano quella pittura,
la pittura giottesca appariva "astratta"
proprio a quella medesima cultura.
I pittori bizantini, p.es., rifiutavano il concetto di
"prospettiva" perché avevano intuito che con essa si toglieva
intensità allo sguardo.Bisogna dunque intendersi sul concetto
di "astrazione", poiché la pittura giottesca è solo apparentemente più vicina ai canoni
del "realismo" e del "naturalismo".
Infatti questa pittura è astratta, e lo
sarà tutta quella che proseguirà sulla sua scia, proprio in quanto anzitutto
pretende di offrire una rappresentazione della realtà basata su dei rapporti
matematici.
A
partire dalla
sua pittura lo spazio viene raffigurato come un "corpo cavo", dove la
profondità non è più data dall'intensità degli sguardi dei soggetti, ma dalla
prospettiva, che diventa misurabile, appunto perché geometrica, matematica.
Giotto appare come un
architetto che dipinge.Le sue figure diventano significative solo in quanto sono inserite in un contesto
prospettico, e in questo la prevalenza non viene più concessa all'umano ma allo
spazio che lo deve contenere, e in tale spazio non esistono, propriamente
parlando, personaggi più significativi di altri, anzi spesso le raffigurazioni
di animali o di cose naturali possono risultare più incisive di quelle degli
esseri umani.
La profondità della scena
rappresentata non è più "spirituale" ma "fisica".
La realtà non viene presa così com'è per essere trascesa (cosa che faceva
l'iconografia bizantina), ma per essere giustificata. Giotto ha inaugurato l'antropocentrismo - e qui sta il suo merito - ma di una
classe particolare: quella borghese, che di umanistico
non ha nulla.
La sua pittura, pur
essendo basata su dei rapporti matematici e quindi oggettivi, risulta alquanto individualistica, nel senso che la scena da
dipingere viene situata in un contesto creato arbitrariamente dall'artista.
Lo spazio viene strutturato sulla base di un punto di vista
soggettivistico, che determina un rapporto intellettualistico con la realtà.
Tant'è che il contenuto religioso
dell'opera giottesca è in
definitiva irrilevante rispetto alla forma con cui si è scelto di rappresentarlo.Giotto infatti, pur trattando temi
religiosi, non vuole parlare di questi temi, ma usando questi temi egli vuole
introdurre un modo diverso di vedere la realtà, un modo che è
"religioso" nella forma e "borghese" nella sostanza, e
volendo rappresentarli in questa maniera forzata, è costretto a trasformare
l'aspetto religioso in una banalità.
Dice Hegel,
nella sua Estetica: "A causa di questa tendenza venne perdendosi,
relativamente parlando, quella grandiosa, sacra austerità posta a fondamento
nei gradi maggiori dell'arte precedente. Il mondano prese
posto e si estese; e, secondo lo spirito del tempo, anche Giotto, accanto al
patetico, accolse il burlesco".
L'artista non fa più
parte di una tradizione consolidata, che deve trasmettere, ma di questa
tradizione coglie i punti deboli per operare, in virtù del proprio genio
personale, un'inversione di tendenza.
Giotto
infatti si basa su degli antecedenti che porta a piena maturazione e
inaugura un modello di pittura che farà scuola per gran parte della pittura
occidentale.
Il suo non è stato un
intervento estemporaneo, anche se indubbiamente egli ha operato una rottura
radicale, mai tentata prima di lui, e che risulterà
irreversibile per la pittura italiana ed europea.
La piena maturazione del
processo da lui inaugurato avverrà solo nel '400, con
l'Umanesimo.
Si badi, qui non si vuole
mettere in discussione il fatto che la pittura religiosa bizantina andasse superata sulla base di canoni umanistici e
naturalistici; si vuole semplicemente costatare che la scelta operata da
Giotto, che è all'origine della pittura moderna, non può essere considerata una
vera alternativa alla pittura bizantina.
Con Giotto nasce il
tentativo di emanciparsi dalla religione dal punto di vista della
classe mercantile.
E da questo punto di vista non è
possibile un vero e proprio superamento della religione. Tra borghesia e
religione vi è sempre stato un compromesso e una reciproca strumentalizzazione.
Sotto questo
aspetto sarebbe interessante se in futuro potesse nascere una pittura
capace di unificare la profondità ontologica della tradizione bizantina con la
razionalità laico-umanistica della tradizione giottesca.
O comunque
sarebbe interessante se tradizioni opposte potessero convivere pacificamente,
cercando nella reciproca diversità elementi di crescita comune.
Enrico Galavotti
http://www.homolaicus.com/email.htm